“Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione dello zolfo – C3″ è la criticità caratterizzata dalla proprietà corrosiva dell’olio, ed altri liquidi isolanti, nei confronti delle superfici metalliche di cui sono fatti alcuni componenti (es.: conduttori in rame o contatti in argento) all’interno dei trasformatori e di altre apparecchiature elettriche. Questa criticità è specificatamente causata dai sottoprodotti di combustione dello zolfo come H2S (solfuro di idrogeno), mercaptani, zolfo elementale, ecc. originati dai trattamenti di rigenerazione dell’olio che utilizzano una riattivazione termica delle terre follari (o altri supporti particellari) mediante combustione.
Zolfo corrosivo – Zolfo libero o composti dello zolfo corrosivi individuati sottoponendo metalli, come il rame, a contatto con un liquido isolante in condizioni standardizzate [traduzione Sea Marconi dalla norma tecnica IEC 62697-1 del 2012, par. 3.1.6 – pag. 10]
Nell’introduzione della norma tecnica IEC 62697-1 del 2012 (pag. 7) si afferma che:
Accanto alla scoperta del DBDS come principale responsabile del fenomeno dello zolfo corrosivo (luglio 2005), Sea Marconi ha studiato l’azione corrosiva sia dei composti dello zolfo normalmente presenti nell’olio sia dei prodotti di degrado degli additivi.
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– IEC 60296:2012, Fluids for electrotechnical applications – Unused mineral insulating oils for transformers and switchgear
– IEC 60422:2013, Mineral insulating oils in electrical equipment – Supervision and maintenance guidance
– IEC 62697-1:2012, Test method for quantitative determination of dibenzyldisulfide (DBDS)
– CIGRE Brochure 413:2010, Insulating Oil Regeneration and Dehalogenation
[ALT img: caso 14 trattamento terre]
[ALT img: caso 14 contatti argento]
[ALT img: caso 14 segni arco]
La criticità “Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione dello zolfo – C3″ è causata dai trattamenti di rigenerazione dell’olio che prevedono la riattivazione delle terre follari (ed altri adsorbenti particellari) mediante un processo di combustione. Questo processo di termo-ossidazione incontrollata (> 370 °C) degrada lo zolfo presente nell’olio producendo tre distinte criticità:
A. la contaminazione dell’olio rigenerato con la formazione di sottoprodotti altamente corrosivi (H2S-solfuro di idrogeno, mercaptani, zolfo elementale, ecc.)
B. la corrosione delle parti in rame e argento con formazione di solfuro di rame e solfuro di argento all’interno del trasformatore impregnato con olio rigenerato (es.: contatti del commutatore sotto carico)
C. Emissioni nell’ambiente di CO2 e di contaminanti come H2S e PCDD-Diossine e PCDF-Furani in caso di contaminazione di PCB-Policlorobifenili e altri composti clorurati e persistenti-POPs
Cause della criticità "Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione dello zolfo – C3" | Quando può verificarsi (fasi del ciclo di vita)
Carenza dei requisiti di acquisto degli oli (nuovi o riciclati) | Requisiti ed acquisto
Carenza nel controllo qualità per i singoli lotti o singole forniture di olio isolante | Accettazione oli isolanti
Carenza nelle procedure analitiche per la verifica dei composti solforati corrosivi | Accettazione olio, factory test, installazione e pre-energizzazione, esercizio, vecchiaia, post mortem
Cross contamination per l’impiego di olio, impianti, cisterne o contenitori contaminati da composti solforati corrosivi (per rabbocchi, impregnazioni, riempimenti o trattamenti) | factory test, installazione e pre-energizzazione, esercizio, vecchiaia, post mortem (riciclaggio olio)
Per comprendere gli effetti dannosi dei trattamenti di rigenerazione degli oli che riattivano le terre follari mediante combustione, occorre conoscere qualche dettaglio in più su come avviene la riattivazione.
I trattamenti di “rigenerazione” dell’olio hanno lo scopo di ripristinare le proprietà fisico-chimiche dell’olio stesso (es.: acidità, fattore di dissipazione dielettrica)
I trattamenti di rigenerazione dell’olio vengono eseguiti impiegando tecniche e soluzioni impiantistiche differenti. Alcune di queste “rigenerano” l’olio facendolo fluire attraverso colonne contenenti terre follari (o altri supporti particellari adsorbenti). L’olio passa attraverso le terre ad una temperatura di 60-80 °C
Le terre follari non sono in grado di decontaminare PCB, DBDS o altri composti corrosivi solforati
Quando le terre follari si saturano, possono essere sostituite (con produzione di rifiuto da smaltire) oppure riattivate con combustione. La criticità C3 è generata proprio da questa fase.
Per riattivare le terre si interrompe il flusso dell’olio nella colonna e si procede al drenaggio dell’olio
N.B. Un’aliquota significativa dell’olio dopo il drenaggio rimane impregnato nelle cavità delle terre follari.
Lo step successivo è la combustione. Scendendo in dettaglio, in questa fase avviene:
A. il riscaldamento di una estremità della colonna fino alla temperatura di innesco (circa 350-400 °C);
B. l’immissione, nell’estremità opposta della colonna, del comburente (ossigeno dell’aria) sotto pressione;
C. la vera e propria combustione dell’olio impregnato nelle terre follari fino al completo esaurimento del combustibile (olio).
Durante la combustione il fronte di fiamma (temperature di 700-800 °C) si sposta progressivamente dal punto di innesco verso la parte opposta della colonna. A combustione terminata si interrompe l’immissione del comburente e si procede al raffreddamento della colonna e del supporto particellare al suo interno
La durata della riattivazione è di circa 12-18 ore
Esempio reale
Una colonna con un volume di 200 litri può contenere circa 150 Kg di terre follari (a secco); le terre follari possono trattenere olio fino al 50% del loro peso. Ne consegue che, nonostante il drenaggio dell’olio, nelle terre follari da riattivare rimangono intrappolati ancora 75 Kg di olio. Ipotizzando una concentrazione di zolfo totale di 10.000 mg/Kg, significa che in quell’aliquota d’olio ci sono 750.000 mg di zolfo, cioè 750 g!
In conclusione, al fine di riattivare le terre follari, di fatto saranno bruciati 75 Kg di olio con 750 g di zolfo generando sottoprodotti altamente corrosivi nella massa d’olio del trasformatore e generando pericolose emissioni nell’ambiente.
La contaminazione dei composti solforati corrosivi nell’olio rigenerato crea un incontrollato fenomeno di cross contamination sul parco trasformatori con elevata probabilità di guasto a causa della formazione di solfuro di rame e solfuro di argento (es.: contatti dei commutatori sotto carico o degli interruttori). Il solfuro di rame cresce all’aumentare della temperatura, toccando il suo apice in presenza di punti caldi localizzati. La conseguenza è la formazione di depositi e macro particelle che possono circolare pericolosamente nell’olio provocando scariche parziali ed archi di potenza.
Il solfuro di rame però può formarsi anche a partire dagli avvolgimenti, anch’essi in rame. In questo caso avviene una migrazione progressiva del solfuro di rame dai conduttori degli avvolgimenti agli strati di carta che li avvolgono. I cristalli di solfuro di rame spingono sugli strati di carta e progressivamente arrivano allo strato superficiale della carta (più esterno) fino a farle perdere le proprietà isolanti. Anche in questo caso possono generarsi scariche parziali e archi di potenza fino al guasto catastrofico.
I segni di questa criticità sono visibili soltanto attraverso un’ispezione interna del trasformatore, per esempio dopo un guasto. In presenza di questa criticità si osservano depositi di colore grigio tipicamente sui conduttori in rame (solfuro di rame) o sui contatti in argento (solfuro di argento). Sulle carte isolanti invece, la contaminazione da solfuro di rame si manifesta mediante punti e striature di colore grigio.
Campionamento rappresentativo
Qualora si decida di eseguire un’ispezione interna del trasformatore, a seguito di guasto o al fine di eseguire un’investigazione approfondita, è fortemente raccomandato il prelievo di campioni delle carte isolanti in conformità ai protocolli e alle procedure idonee. In particolare si consiglia di prelevare le carte nella parte alta, bassa ed intermedia dei singoli avvolgimenti, sia del primario sia del secondario, per ciascuna fase, prelevando più campioni di carte nelle zone con un maggiore inscurimento o infragilimento delle carte stesse.
Durante l’ispezione esterna del trasformatore risulta necessario prelevare dei campioni di olio isolante in conformità alla norma di riferimento ed alle istruzioni operative allegate ai kit di campionamento.
Il sintomo principale della criticità “Corrosione da sottoprodotti di combustione dello zolfo – C3” è legato alla presenza di composti solforati corrosivi, come sottoprodotti della combustione delle terre follari (vd. cause).
Il principale indicatore diagnostico per questa criticità è il
TCS – Total Corrosive Sulfur (IEC 62697-2)
Lo zolfo corrosivo totale può essere espresso come somma di tutti i composti corrosivi solforati o come concentrazione di DBDS equivalente. Se la concentrazione di TCS espresso come DBDS equivalente supera i valori raccomandati (vd. tab. al paragrafo Diagnosi) è necessario attuare le dovute terapie.
ci sono poi dei co-fattori utili per completare il quadro diagnostico:
I metodi di analisi del DBDS non sono in grado di determinare la corrosività dei composti solforati responsabili della criticità “Corrosione da sottoprodotti di combustione dello zolfo – C3“.
Per determinare lo zolfo corrosivo totale, in particolare non dovuto a DBDS, Sea Marconi ha inventato, sviluppato, industrializzato (e brevettato n. 0001394617 del 2008) il metodo chiamato TCS – Total Corrosive Sulfur. Questa tecnica analitica è indipendente dai singoli composti corrosivi, ma valuta gli effetti equivalenti al DBDS in termini di quantità di solfuro di rame prodotto (alle stesse condizioni di prova).
Questo metodo sarà incluso nella norma IEC 62697 Part 2 “Test methods for quantitative determination of Total Corrosive Sulfur (TCS)”, attualmente in fase CDV (Committee Draft for Voting). I round robin test eseguiti hanno dato risultati eccellenti ed hanno costituito la base per il gruppo di lavoro IEC.
Con lo sviluppo di questo metodo si è dimostrato sperimentalmente che la conversione dei differenti composti solforati in zolfo corrosivo totale (TCS – Total Corrosive Sulfur) avviene differentemente in funzione della temperatura e della caratteristica molecolare dei composti stessi.
Ulteriore supporto alla comprensione ed alla diagnosi della criticità C3 sarà fornito dagli esiti del gruppo di lavoro impegnato sulla IEC 62697 “Part 3 – Test methods for quantitative determination of total mercaptans and disulfides (TMD) and other targeted corrosive sulfur species”, attualmente in fase CD (Committee Draft). Per il momento è stato completato un round robin test su campioni di olio rigenerato trovando concentrazioni di zolfo di oltre 100 mg/Kg. I campioni impiegati sono relativi a oli rigenerati mediante riattivazione delle terre follari e combustione.
[Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione zolfo (C3)]
Corrosività delle diverse famiglie di composti a diverse temperature
[Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione zolfo (C3)]
Tasso di conversione in zolfo corrosivo di 22 composti solforati (calcolo a seguito del test TCS)
M.C. Bruzzoniti, R.M. De Carlo, C. Sarzanini, R. Maina, V. Tumiatti, Stability and Reactivity of Sulfur Compounds against Copper in Insulating Mineral Oil: Definition of a Corrosiveness Ranking, Ind. Eng. Chem. Res., 2014, DOI: dx.doi.org/10.1021/ie4032814
Per la diagnosi della criticità “Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione dello zolfo – C3″, Sea Marconi impiega la propria metrica diagnostica, nella fattispecie:
| Valore raccomandato di DBDS | Norma di riferimento
Per gli oli isolanti nuovi | “non detectable (< 5 mg/Kg)” | [IEC 60296 Ed. 4-2012, tab. 2, pag. 17]
per gli oli isolanti in esercizio – prima dell’energizzazione | “non detectable (< 5 mg/Kg)” | [IEC 60422 Ed. 4-2013, tab. 3, pag. 24]
per gli oli isolanti in esercizio – dopo l’energizzazione | (< 5 mg/Kg)” Se la concentrazione di DBDS è superiore alla soglia raccomandata bisogna fare una valutazione rischio e attuare azioni di mitigazione tab. 5 nota d – tra queste è previsto il trattamento di depolarizzazione selettiva per rimuovere efficientemente lo zolfo corrosivo nell’olio 11.4.4. | [IEC 60422 Ed. 4-2013, tab. 5, pag. 31]
per gli oli isolanti in esercizio | (< 10 mg/Kg)” – anche in questo caso tra le tecniche di mitigazione c’è la depolarizzazione selettiva per rimuovere
efficacemente dagli oli 4.2 pag. 25 | [CIGRE 378 fig. 9 pag. 31]
Le azioni raccomandate dalla IEC 60422 Ed. 4-2013
in presenza di “zolfo corrosivo” sono:
La passivazione consiste nell’additivare l’olio con una sostanza che dovrebbe proteggere il rame all’interno del trasformatore dall’azione corrosiva del DBDS. Le analisi eseguite sugli oli contenuti nelle apparecchiature passivate hanno evidenziato una diminuzione del contenuto del passivatore già dopo i primi giorni dopo l’additivazione. In altri casi invece si è visto che l’azione protettiva del passivatore nei confronti del rame è disomogenea, permettendo quindi in alcune zone la formazione di solfuro di rame.
Il caso della rete elettrica brasiliana dell’agosto 2005, riportato dalla brochure CIGRÉ 378:2009, mostra che il 50% dei reattori passivati subirono un guasto, il primo dopo 33 gg dalla passivazione, l’ultimo dopo 590 gg. (approfondisci)
Nonostante il cambio dell’olio, il 10-15% della vecchia carica d’olio contaminato rimane assorbito nelle carte del trasformatore che lo rilasciano col tempo (la condizione di equilibrio si raggiunge in circa 90 giorni). Il vecchio olio contamina quindi quello nuovo, di conseguenza è impossibile rimuovere completamente il DBDS con un solo cambio d’olio. (approfondisci)
Fa parte di questa categoria la contromisura proposta e impiegata da Sea Marconi. Si tratta di un processo di Depolarizzazione selettiva da DBDS che viene eseguito sul posto, mantenendo il trasformatore in servizio (e sotto carico) senza necessità di svuotarlo. Questo intervento si esegue con delle Unità Modulari di Decontaminazione (DMU) realizzate appositamente da Sea Marconi. Il trasformatore viene collegato alla DMU mediante tubazioni flessibili; l’olio contaminato dai composti solforati corrosivi viene aspirato dalla parte bassa del trasformatore, finisce poi nella DMU che lo scalda, lo filtra, lo degasa, lo deumidifica e lo decontamina per poi pomparlo nella parte alta del trasformatore. Si crea così un circuito chiuso e passaggio dopo passaggio i composti solforati corrosivi vengono rimossi (< 10 mg/Kg espressi come DBDS equivalente)
Un operatore qualificato deve essere in grado di proporre varie soluzioni per il trattamento degli oli, evidenziando pregi e difetti di ciascun intervento. In questo caso è bene verificare che l’operatore/fornitore conosca in dettaglio i pericoli insiti nei processi di trattamento dell’olio con riattivazione delle terre follari mediante combustione.
Quando e dove siamo intervenuti con successo
[ALT img: Zolfo corrosivo da sottoprodotti di combustione zolfo (C3) | caso 14 segni di arco]
Rimozione dello zolfo corrosivo dovuto a sottoprodotti di combustione dello zolfo (C3) – Uruguay 2010
zolfo corrosivo da combustione zolfo (C3)
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